Le Tavole Eugubine nell’interpretazione di Giuseppe Gierut
VIAGGIO PITTORICO DI GIERUT NEL MONDO DEGLI ANTICHI UMBRI
“Spesso, ho lasciato che le mie raffigurazioni pittoriche mi conducessero lontano, dentro la soglia del gran tempo antico o in spazi cosmici inafferrabili e mi ritrovavo viaggiatore inquieto e non rassegnato, desideroso di abbracciare Conoscenza…”, confessa il pittore Gierut che oggi ci presenta le immagini di vita degli Umbri, popolo italico antichissimo.
Sette dipinti leggono ed interpretano, con emozione profonda e con raccolta devozione per un mondo lontano di antichi genitori, le sette bronzee Tavole Eugubine che della civiltà degli Umbri raccontano i segreti più profondi, i sentimenti civili e religiosi nelle loro comuni fondamenta.
Gierut è pittore abituato ad aprire scrigni preziosi e lo fa con sofferta partecipazione, sempre in bilico fra ricerca di certezze e smarrimenti nelle immensità.
Con la stessa intensità e forte connotazione personale con cui rappresentò il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi o il poema di Miguel de Unamuno , Il Cristo di Velasquez , Gierut ora ha dato volti e colori non solo ad una scrittura antica, ma alla vita, alla natura e ai riti del popolo umbro. E lo ha fatto con grande intensità artistica, con lo stordimento emotivo che produce il contatto con entità remote e vitali, quali sono nelle Tavole sacerdoti, guerrieri e popolo. Lo sfondo su cui si affacciano le antiche autorità sono monti, boschi, acque e cielo che appaiono luoghi remoti e profetici, come se nel buio della storia qua e là squarci di luce indicassero una via.
Gli Umbri, una gente sempre meno misteriosa, da quando i contenuti delle Tavole Eugubine sono stati rivelati e la ricerca filologica di Devoto, Prosdocimi, Ancillotti ci ha messo in comunicazione con quell’antica popolazione italica, da quando la traduzione della sua lingua, lo svelamento delle leggi ed istituzioni, la documentazione archeologica hanno permesso alla storia di aprire molte pagine di un importante capitolo che precede lo Stato romano e la sua forza di egemonia e globalizzazione.
Gli Umbri dal XIII secolo a.C. si diffusero e animarono l’organizzazione statuale in un vasto territorio che comprendeva odierni luoghi umbri, marchigiani, romagnoli e laziali, secondo il modello delle città-stato, delle tota, di comunità fortemente legate e strutturate in termini di organizzazione militare, amministrativa ma soprattutto da un forte sentimento religioso che era a fondamento sia del potere politico che della vita quotidiana.
Le Tavole Eugubine illustrano tutto ciò con forza e quindi la loro testimonianza linguistica, unitamente ad altri documenti, afferma in modo autorevole e certo i legami che unirono gran parte dell’Italia mediana nel periodo paleoumbro. Anche le scoperte archeologiche hanno suffragato i caratteri comuni del mondo piceno, umbro e sabino. Particolarmente rilevanti in tal senso sono la statua litica del Guerriero di Capistrano, la Stele di Novilara e il carro di Monteleone di Spoleto.
L’identità umbra resta visibile per lungo tempo nella fase di espansione del dominio romano che alterna momenti di alleanze con le tota umbre secondo le caratteristiche forme di penetrazione e di romanizzazione: si ebbero forme di resistenza, anche in collegamento con gli Etruschi, ma anche successi nel riconoscimento dei propri caratteri sia nel versante occidentale che in quello orientale degli Appennini; va pure considerato che significativi aspetti della cultura umbro-sabina vengono accolti nella religiosità e nel diritto romani.
Rivisitare la civiltà umbra e dare testimonianza dei suoi caratteri originali, come hanno fatto e vanno facendo illustri glottologi, dà spessore alla storia, al passato che l’evoluzione dei poteri tende a cancellare, semplificare ed amalgamare.
Anche l’opera di un artista, come nel caso di Gierut, può dare volto al tempo antico.
La sua ardita interpretazione delle Tavole Eugubine ci accompagna a rivivere mondo fisico e ambiente, ci introduce in riti, offerte sacrificali, auspici e preghiera nella loro originale ed intensa valenza sociale, nella struttura urbana con le Porte, la Rocca, il Campo Marzio, la vissuta contiguità tra città e campagna.
Le Tavole gerutiane, in una rissa di colori che attraverso la tecnica del contrasto legano terra e cielo ancor prima delle osservazioni ed interrogazioni di àuguri e sacerdoti, offrono attraverso segni e simboli la vista di un’azione purificatrice che coinvolge popolo e natura nella loro totale comunione. L’ondeggiare degli elementi primordiali, di acqua e fuoco e cieli popolarissimi, di atti e fuochi del sacrificio che innalzano sotto lo sguardo remoto e materno della luna, danno forma ad un mondo che avevamo smarrito e ci trasmettono la virtù di un silenzio infinito ma ricco di echi vitali che chiama l’uomo a ritrovare purezza e dignità.
Il bosco sacro, l’impegno solenne e collegiale dei riti, la forza delle invocazioni a sostegno dei destini di popoli minacciati si trasmettono dalle antiche Tavole ai dipinti
di Gierut che danno compattezza a quel mondo, articolando forme e colori con i loro piani inclinati e fasci di luce che segnano geometrie volte alla trascendenza. La disciplina dei riti via via compatta i colori e li raccoglie in spazi mono o bicromatici, con accostamenti degli azzurri, dei marroni, dei gialli che fanno dialogare idee e speranze antiche con il nostro tempo.
Le Tavole, una voce della Storia
Un viaggio di ritorno
Viene da lontano il viaggio nelle Tavole Eugubine e nella remota umanità che esse rappresentano e raccontano: guide alla nostra ispirazione sono state le ricerche e le conoscenze di Augusto Ancillotti e Romolo Cerri, studiosi autorevolissimi della lingua e della culture degli antichi Umbri. Il percorso di avvicinamento alla comprensione delle Tavole e alla forte identità di questo popolo è cominciato nel 1444, quando furono ritrovate nei pressi dell’Anfiteatro romano e furono poi acquistate dalle Autorità Comunali che, consapevoli in qualche modo del loro valore per l’oscurità del particolare alfabeto, – poi si rivelerà l’alfabeto nazionale degli Umbri – decisero di conservarle nel Palazzo Comunale: fin dal 1500 iniziarono studi e si diffuse l’interesse per queste incomprensibili iscrizioni su bronzo; Gabriello Gabrielli, giureconsulto eugubino e Governatore di Imola, Faenza e Forlì, nel 1580 fece fare 300 copie della Tavola IV che inviò a molti dotti d’Europa perché la scrittura fosse interpretata. La prima edizione integrale, fedele perché derivata da calchi delle tavole originali, risale al 1726, a cura del fiorentino Filippo Buonarroti che riprodusse le tavole nell’opera Ad monumenta etrusca operi dempsterinadditae explicationes et coniecturae. Da quel momento suscitarono l’interesse di linguisti ed archeologi.Hanno dato i maggioricontributi di studio sulle Tavole Bourguet (1734), Franciarini (1738), Passeri (1748), Lanzi (1789), Lepsius (1833), Kirchoff (1849), Breal (1875), Kent (1926), Vetter (1953), Poultney (1959), Ernout (1961), Pfiffing (1964), prima che Giacomo Devoto ed Aldo Prosdocimi ne affrontassero in modo globale i problemi della lingua e dei contenuti con letture ed interpretazioni del testo di grande significato. Gli studi del Prof. Augusto Ancillotti , Docente di Glottologia all’Università degli Studi di Perugia, e del folto gruppo di studiosi e ricercatori cresciuti nel Suo Istituto hanno poi svelato le origini, il ruolo storico e i caratteri della civiltà degli Umbri al vasto mondo scientifico nazionale ed internazionale ed hanno insieme aperto l’accesso a quel mondo ad una più vasta comprensione, introducendo anche i non specialisti alla conoscenza di riti, istituzione e forme di vita degli antichi Umbri; in particolare il testo Le tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri di Augusto Ancillotti e Romolo Cerri ( Edizioni Jama, Perugia, 1966) ha dimostrato e divulgato l’esistenza dell’autonomia e dei caratteri peculiari della civiltà umbra, la diversità e le relazioni con la civiltà romana e quella etrusca, ridando respiro e riconoscibilità alle pluralità che esistevano nel mondo italico prima dell’egemonia romana e che per secoli la storia aveva tenute nascoste nei suoi silenzi. Le Tavole Eugubine lette da questi studiosi e correlate ad altri documenti linguistici ed archeologici ci hanno così riportato ad una grande Umbria, estesa nell’Italia centrale, al di qua e al di là dell’Appennino che comprendeva parti delle Romagna, delle Marche, del Piceno e della Provincia di Rieti. I territori che hanno visibili segni di quella civiltà sono quelli relativi alla piana di Fabriano (Atiediati), a quella delle gole della Rossa (Claverni), dal territorio del Misa (Coreiati-oggi Corinaldo) alla conca di Gubbio (Satani), dalla valle dell’Esinante (Peieriati, oggi Apiro) a quella del Chienti (Talenati – oggi Tolentino), dalla vallata del fiume Musone
(Museiati) al territorio di Sassoferrato (Iuieskani), dalla pianura di Cagli (Caselati) fino a giungere all’alta vallata del Tevere.
Un’entità politica sovraregionale che aveva forte fondamento politico e religioso e che ebbe in Gubbio il suo centro religioso: a questo ci riportano le Tavole Eugubine. Un viaggio nel tempo assai affascinante che gli studi futuri certamente arricchiranno; a tal fine è nato, su iniziativa del Prof. Ancillotti, l’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri (I.R.D.A.U.) che ha sede a Gubbio.
Un immagine significativa dell’interesse che suscitarono le Tavole di Gubbio la troviamo in una pagina dell’opera di Nikollàevic Tolstoj Anna Karenina, scritta tra il 1873 ed il 1877: Aleksej, nella sera in cui vive la crisi del rapporto con Anna è intento a leggere un libro francese sulle Tavole Eugubine: … dopo aver letto un poco del libro sulle Tavole Eugubine e avervi ripreso interesse, Aleksej Alexandrovic alle undici andò a dormire e quando, sdraiato nel letto, ricordò l’accaduto con la moglie, esso non gli apparve più sotto un aspetto così fosco.