GIERUT GIUSEPPE pittore umbro marchigiano, interpreta il Poema Religioso “Il Cristo di Velazquez” del filosofo, drammaturgo, poeta spagnolo Miguel De Unamuno.
Tradurre Miguel De Unamuno e seguirlo nel vortice creativo del suo più alto poema religioso, “Il Cristo di Velazquez”, sono in sé rilevazioni di ricerca esistenziale, di un’inquietudine non placata, di quella domanda di non morire che accomuna perennemente gli spiriti eletti della cultura di ogni tempo.
Unamuno incarna un volto dell’incalzante avventura del pensiero che nella notte troppo spesso oscura del Novecento divenne passione civile, dramma umano richiesta di luce, crocifissione. La fragilità del nostro essere e le umiliazioni della storia spingono a cercare la fede nella fede, a dichiarare il desiderio di Dio, a crearsi un Dio grande come il nostro bisogno di eternità.
Al vuoto spirituale desolante, al “marasma dei poteri”, Unamuno oppone la sua “voluctad energica” una fede che è faticosa costruzione umana, un arrampicarsi sul Golgota per confortare e vincere la propria individualità.
Una fede che cerchi per la tua sopravvivenza è una fede priva di gioia, un’assicurazione sui rischi della vita. La ragione, la scienza il progresso minacciano l’uomo; vita e morte non possono essere che termini dialettici di una stessa precarietà dell’essere. Creiamo Dio come Coscienza dell’Universo, completamento necessario perché il nostro essere al centro della storia non sia banale nulla. Incalzante nelle sue ricerche filosofiche e nelle sue interrogazioni teologiche, Enzo Calcaterra si misura da tempo con l’esperienza e il pensiero di Miguel De Unamuno, curandone le traduzioni e ponendo al centro della sua meditazione il Cristo Crocifisso, e il poema unamuniano ispirato al Cristo di Velazquez lo affascina da tempo, gli offre vasta materia per una ricerca che, attraverso costanti proposte di analogie, investe i contenuti del mondo delle arti figurative e di quelle della poesia, scopre la perenne attualità di Unamuno, la sua traduzione si connota per il linguaggio aulico e solenne, per la forte sonorità ed intensità della parola che richiamano antiche laudi ed antico sentire anche se intensa è la cognizione del dolore e dell’instabilità umana.
Elemento forte di novità è la traduzione pittorica originale del Poema Religioso di Unamuno, “Il Cristo di Velazquez”, realizzato in questo lavoro. Ne è autore Giuseppe Gierut, un pittore che grida il suo amore all’uomo e alla natura perché li sente minacciati. Il suo scrutare il mondo ha sempre rappresentato più o meno consapevolmente una domanda religiosa, una richiesta di riscatto, un’uscita dalla quotidianità. Da molto tempo con un’intenzionalità determinata, legittimamente avvicinabile all’energia vitale che Unamuno pone nella sua ferma domanda di riscatto, Gierut va palesando nei suoi cieli, nei suoi vortici e nei suoi campi di luce,la presenza del sacro. Dall’interpretazione pittorica del “Cantico delle Creature” all’opera “Cristo centro dell’Universo”,va emergendo la particolare religiosità di Gierut, un pregare che è paura prepotente della precarietà, tormentato desiderio di un Dio garante e risanatore. Anche in lui dunque fede è soprattutto speranza dell’esistenza di Dio, fuga dal mondo. Se guardiamo a fondo e fuori da schemi e titoli, le stesse opere evocative del “Cantico delle Creature” di San Francesco non vedono l’abbraccio tra gli uomini, ma il ravvivare gli elementi della natura, quasi una proiezione della sua umanità fanciulla e severa.
Nelle dieci tavole che interpretano il poema religioso di Unamuno appaiono evidenti un nuovo tratto dell’arduo e solitario cammino di Gierut, l’arricchimento di maturità che ha assunto dall’inesausta volontà di “Cristo” del pensatore-poeta spagnolo.
Più silenzio, più abbandono, più armonia. Il “Cristo” è “lontano”, come i mondi gerutiani, spezzato come la cristianità; è dietro le lotte perenni degli elementi, delle sfere e fasci di luce, delle individualità; è nello stesso magnetismo che separa e attrae cielo e terra; è luminoso e splende di luce propria fra le tenebre del mondo civile; parla alla notte e pensa ad una nuova morte restitutrice di vita. Ecco il rapporto con Unamuno con la sua lettura di Velazquez. E’ lontano e vagheggiato il
Cristo di Velazquez, dove tutto è raccolto in quattro chiodi, dove l’agonia è senza affanno, riscaldata dalla luce con tanta forza che la solitudine è più del buio che del Cristo morente.
La bellezza del Cristo ha la consistenza delle cose reali; naturali sono l’attrazione e l’ancoraggio di Miguel De Unamuno a questa immagine del Cristo che consente di annegare”lo individuai en lo collectivo”.
La traduzione che ne vanno proponendo Calcaterra e Gierut, l’uno con la sua riflessione sui testi e l’altro attraverso una nuova trasfigurazione artistica, si pone per i contemporanei, così incerti ed inappagati, come atto culturale libero e coraggioso, come sollecitazione al voler credere.
LANFRANCO BERTOLINI
REVELACION
LUNA
LA VIDA ES SUENO
SOLEDAD
ALMA Y CUERPO
ROSTRO
CUERPO
TIERRA
VERIJA
MUERTE